Abitazioni più grandi e con spazi verdi, centri direzionali con smart working sempre più importante saranno i nuovi format per vivere e lavorare:
Un buco di almeno due mesi di inattività quasi completa peserà sui conti del settore immobiliare di questo 2020. Almeno 20 miliardi di euro di scambi in meno sui 132 miliardi previsti per il real estate nel suo complesso, residenziale e non. Il real estate, che in Italia (costruzioni comprese) vale quasi un quinto del Pil, registra la chiusura delle ultime operazioni imbastite mesi orsono e si ferma in attesa della fine della pressione dell’emergenza sanitaria per il coronavirus.
Transazioni che erano già avviate verso il rogito, ora che tutti gli spostamenti sono bloccati sono a zero anche visite e sopralluoghi agli asset in vendita.
È stata, infatti, definita la cessione per 210 milioni di euro circa dell’edificio di via Orefici, proprietà di Hines, ai tedeschi di Deka. Tenant degli uffici sono la banca d’affari Rothschild & Co., lo studio legale K&L Gates e il fondo di private equity EQT Partners. Sono arrivate intanto le offerte non vincolanti per il Bodio center, complesso di uffici a Milano, mentre Covivio sta trattando con Varde, appellandosi alla unicità del momento, per rivedere le condizioni del preliminare relativo all’acquisizione degli hotel The Dedica Anthology. A maggio si chiuderà l’operazione di Ardian sugli immobili di Mps.
Il buco di volumi intanto si conteggia già. «Al momento possiamo considerare una riduzione del 10-20% dei volumi, già in calo rispetto al 2019» dice ottimista Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari». Troppe le incognite per fare una fotografia precisa, dipende dagli effetti del Covid-19 su economia e occupazione. «A parte Lombardia e Milano, il resto del mercato già soffriva» dice Breglia.
L’impatto più pesante è per il retail, già sotto osservazione per via della crescita dell’ecommerce. Non diversa la situazione di hotel e affitti brevi. L’estate è persa per Airbnb e affini, che stanno valutando il rilancio con sconti e politiche di cancellazione più flessibili per il futuro.
Dibattuta la situazione degli uffici, per alcuni avviati a un cambiamento epocale in positivo, per altri in negativo. Cambieranno gli spazi per la necessità di luoghi più agili vista l’accelerazione dello smart working.
Per Breglia, crescerà la domanda di immobili di alta qualità per offrire un ambiente di lavoro sicuro e salubre, gli investimenti nella sanità e nelle cliniche diventeranno un asset class primario per gli investitori. Il turismo sarà veloce a riprendersi e si cercheranno case e alberghi che rispondano a nuovi requisiti di sicurezza e qualità.
Meno positivo il parere dei vertici di Nomisma. «Torneremo indietro a qualche anno fa, con una situazione legata a doppio filo alla recessione, che ci sarà - commenta Luca Dondi, direttore generale di Nomisma -. Inutile negarlo, gli effetti saranno pesanti sul real estate. Soprattutto sul segmento residenziale per investimento (oltre il 15% dei volumi), è una componente che verrà meno». E la domanda di sostituzione della prima casa, magari per comprarne una più grande? «Quanto sarà capace di sostenere i valori di mercato e di indebitarsi? - dice Dondi -. La situazione per normalizzarsi richiederà molto tempo. E la rigidità dei prezzi, che non scenderanno subito, può essere anche un male perché frenerà le transazioni». Nomisma prevede nello scenario peggiore, ormai quello che ci attende, un calo delle compravendite di 110mila unità rispetto alle 603mila realizzate nel 2019.
C’è, invece, chi da questo cambiamento epocale vede opportunità e vuole lanciare anche un messaggio positivo. «Ci sono settori che emergeranno da questa crisi - dice Giuseppe Amitrano, ceo di Gva Redilco e Sigest - e sono i Data center, perché sarà sempre più necessario veicolare dati in modo veloce, e quello delle “urban warehouse”, punti di smistamento merci dentro le città realizzati tramite la conversione di edifici come ex teatri, cinema, edifici per parcheggi». Si tratta di immobili che si possono acquistare anche senza sopralluoghi, ma con visite virtuali e analizzando studi di fattibilità tecnica in digitale.
A oggi le carte sono ferme. Lo shock che stiamo vivendo ha un impatto immediato molto forte sulla fiducia degli investitori, delle imprese e dei privati. «Andiamo incontro a uno stop della domanda, alla riduzione dell’offerta e a una possibile crisi di liquidità - dice Paolo Bellacosa, partner di Vitale & Co. real estate -. Ci sono settori particolarmente colpiti come l’ospitalità (sia business sia leisure), il retail e l'entertainment. Altri settori invece stanno dimostrando la loro resilienza come l’healthcare o i Data center. Possiamo affermare che questa crisi sta confermando alcuni trend come la centralità della supply chain e quindi della logistica oppure la progressiva propensione delle grandi corporate al ricorso allo smart working». In futuro quindi è probabile che negli uffici saranno integrate altre funzioni (retail, food, hospitality) e ci sarà sempre maggiore ricorso a spazi flessibili e in condivisione.
«Il 70% del mercato è fatto da capitali esteri, oggi praticamente scomparsi - dice Simone Roberti di Colliers -. Ci sono però settori come l’alberghiero e il retail che passata la crisi riprenderanno in tempi brevi». Non dimentichiamo che nel corso del 2019 quello degli hotel è stato il settore che ha registrato un boom di investimenti a quota 3,2 miliardi di euro. Volumi non replicabili nell’immediato futuro.
I pareri restano positivi su Milano, che finora ha fatto da apripista per il Paese, restando la prima meta di investimento per i grandi soggetti internazionali. Finita l’emergenza è facile pensare che sarà ancora una volta da qui che ripartirà la ripresa del real estate.
di Paola Dezza - Sole24ore - Staff FacesofRE
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