Case green: battaglia del governo all'Europarlamento

La nuova direttiva Ue per le case green prevederebbe, stando alle ultime bozze, una doppia stretta con l’obbligo di passaggio alla classe energetica E per tutti gli immobili residenziali dei 27 Paesi membri entro il 2030.


Il governo italiano si dice pronto a dare battaglia contro questa direttiva!


A pronunciarsi contro Bruxelles è stato il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini, che ha parlato «di ennesima scelta europea» contro l’Italia: «Ci opporremo, nel nome del buon senso e del realismo, come governo ma soprattutto come italiani: la casa è un bene prezioso, frutto dei sacrifici di una vita, luogo di memorie e affetti».

A preoccupare, dunque, è il doppio step, peraltro già ammorbidito rispetto alle prime versioni del testo (in cui si stabilivano uno snodo intermedio già nel 2027 e classi energetiche più elevate per il duplice obbligo), che rischia di trasformarsi in una stangata per le tasche degli italiani vista anche la scelta di affossare il Superbonus110%, misura che avrebbe permesso alle famiglie italiane di risolvere il problema e allo stato di poterle sostenere in modo trasparente e concreto. Ora invece peserà tutto sul portafoglio dei cittadini.

L'Ance, Associazione Nazionale Costruttori Edili, ci ricorda che oltre 9 su 12,2 milioni di edifici residenziali sono stati costruiti prima dell’entrata in vigore della normativa sul risparmio energetico e dunque non sarebbero in grado di garantire le performance richieste dalle nuove regole.

Dal 9 febbraio via alla discussione:
La presidenza di turno svedese della Ue vorrebbe portare a casa il via libera alla direttiva prima della fine del “suo” semestre, ma i tempi potrebbero allungarsi. Il 9 febbraio il testo arriverà in commissione per l’industria, la ricerca e l’energia (Itre) insieme alla pioggia di emendamenti, oltre 1500, firmati in gran parte dal blocco di centro-destra all’Europarlamento - che va dal Partito Popolare europeo, a Ecr (Conservatori e Riformisti europei), passando per Identità e Democrazia, tra i cui banchi siedono anche i tre partiti della maggioranza di governo (FdI, Lega e Forza Italia), nettamente contrari al diktat imposto dalla proposta di direttiva.
Gli Stati sono chiamati a mettere a punto un proprio piano di rinnovamento del parco immobiliare, anche attraverso l’individuazione di standard minimi di prestazione energetica nel settore residenziale, ma il testo è perentorio sulle scadenze entro le quali andranno rinnovati in chiave green gli edifici residenziali.

Le critiche della maggioranza:
Ed è sul doppio, stringente, binario, non sulle finalità di fondo, che si appuntano quindi le critiche da parte delle forze di maggioranza, come spiega Nicola Procaccini, eurodeputato e responsabile nazionale Energia e Ambiente di FdI: «Siamo tutti d’accordo sugli obiettivi finali che il provvedimento persegue, ma contestiamo la mancanza di flessibilità e la tempistica che viene imposta agli Stati. Per questo ci batteremo e proveremo a costruire un fronte trasversale, che possa arrivare anche ai liberali, per riportare la direttiva sulla strada del buonsenso e sostenere questo percorso di efficientamento energetico e di riduzione dei consumi, non con paletti, soglie e sanzioni, ma promuovendo, finanziando e sostenendo incentivi e percorsi di maggiore gradualità».

Partita ancora lunga:
Il prossimo banco di prova sarà, come detto, il 9 febbraio in commissione Itre. Poi, agli inizi di marzo il documento licenziato dovrebbe approdare nella plenaria di Strasburgo dove potrà essere ulteriormente emendato. Prima dell’avvio del cosiddetto trilogo, che vedrà schierati rappresentanti del Parlamento, della Commissione e del Consiglio europeo per arrivare a un compromesso definitivo.

Conclusioni da AgentiImmobiliari.org:
Non possiamo prevedere l’esito del dibattito, sappiamo però che l’EU sta tentando di invertire un processo di degrado della situazione ambientale e climatica del continente, e con esso di limitare il dissesto economico e sociale che ne sta derivando e di rendere l’Unione più indipendente dalle fonti energetiche tradizionali e dai mercati ad esse legati.
Dobbiamo invece constatare che considerare la rilevanza affettiva ed emotiva delle abitazioni per il popolo italiano, come una motivazione per non renderle energeticamente sostenibili, appaia poco serio. La stessa sensazione proviamo nel vedere descritta la poca flessibilità della EU nelle tempistiche per l’attuazione di questo emendamento come “ingiusta”, senza però chiedersi il perché di questa poca flessibilità. Dichiarare poi che questa direttiva sia “contro l’Italia” quando verrebbe applicata a tutti i paesi dell’Unione, rischia di farci apparire arretrati e impreparati davanti all’opinione pubblica Europea e non solo.
Siamo certi che molto si possa migliorare e molto si possa riaccordare per ottimizzare questo passaggio green, ma facciamo attenzione a non pretendere soluzioni sbagliate solo perché più comode nel breve periodo.

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