L’Europa individua lo smart working come perno del risparmio energetico, e l'Italia che farà?
 

 

di Luca Boscardelli

Le situazioni di emergenza a cui l’Italia è sottoposta da tempo hanno sdoganato lo smart working tra le opportunità per imprese ed enti con lo scopo di poter ottimizzare al meglio il settore delle attività produttive e delle Pubbliche Amministrazioni.

Tra gli estimatori storici di questo approccio al lavoro troviamo il fondatore di VirginBranson, che ha dichiarato tre anni prima -in tempi non sospetti- come lo smart working sia l’unica soluzione di lavoro per i suoi dipendenti, visti tutti gli aspetti positivi che ne caratterizzano la trasformazione.

Tra gli aspetti positivi c’è indiscutibilmente quello di ridurre il fabbisogno energetico delle nazioni e in particolare il consumo energetico delle aziende, che assorbono molto più dei privati. I consumi di una struttura direzionale che ospita nei suoi locali, ad esempio 10 persone, sono complessivamente maggiori di quanto consumerebbero le abitazioni di quelle 10 persone se queste stessero lavorando da casa, a questo poi vanno aggiunti i consumi necessari a spostare quelle 10 persone e di tutto ciò che il sistema in presenza comporta.

Tra le proposte dell’Unione Europea per ridurre la domanda di energia, oltre ad uno utilizzo attento dei condizionatori e alla riduzione della velocità di marcia in autostrada, si chiede di prediligere il lavoro da casa.

PUBBLICATO Il Piano UE in 9 punti per il risparmio energetico (vai al documento dell'Aie)

La Commissione Europea afferma che le misure elaborate con l’Agenzia internazionale per l’energia -Aie- farebbero risparmiare alle famiglie quasi 500 euro all’anno in media. Complessivamente si risparmierebbe abbastanza petrolio per riempire 120 super petroliere e abbastanza gas naturale per riscaldare quasi 20 milioni di case.

L'UE Invita quindi a utilizzare il trasporto pubblico e a muoversi in bici, ma soprattutto a utilizzare il meno possibile l’auto e quindi -come si legge al punto 3 nell'immagine di copertina che accompagna l'articolo- a promuovere il lavoro da remoto, indicando di imporlo in quei casi dove i mezzi pubblici sono assenti o poco fruibili (anche in riferimento alla disponibilità di posti e quindi alla qualità e sicurezza del viaggio) e dove le percorrenze per andare al lavoro sono lunghe o richiedono un’automobile privata.

IL CASO ITALIANO:

Mentre tutto quanto sopra descritto sta avvenendo nei vertici Europei, in Italia troviamo una situazione completamente diversa. Finita la pandemia, nonostante gli straordinari risultati raggiunti dal lavoro agile in molti settori pubblici e privati, il Dipartimento della funzione pubblica del Governo italiano, organo deputato al coordinamento del lavoro nelle Pubbliche Amministrazioni, ha iniziato una vera e propria attività di delegittimazione dello smart working e del lavoro agile.

Anche le opportunità direttamente legate al rapporto tra smart working e settore immobiliare -per l'economia italiana importantissimo- vengono ignorate dal Dipartimento della funzione pubblica. Desta sorpresa che i dirigenti del Dipartimento non abbia mai considerato l’opportunità rappresentata da una trasformazione urbana ed ecosostenibile, finalizzata a ripopolare le province del belpaese distribuendo la ricchezza dove si è persa proprio grazie a un diverso accesso al lavoro, invece di concentrare le opportunità nelle già affollatissime città metropolitane.

Sarà ora necessario, viste le indicazioni in questo senso arrivate dall'UE e dall'Aie, riscrivere tutto quanto fatto fino ad ora dal Dipartimento della funzione pubblica, rivedendo le politiche palesemente non ecosostenibile sino ad ora adottete e promosse, ridando credito al Governo italiano che si è sempre dichiarato molto attento a queste tematiche.

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