Con tre sentenze “gemelle” del 23 ottobre 2023, la Cassazione ha stabilito che il giudice può fissare un salario minimo “dignoso” per i lavoratori, anche se tale cifra è inferiore a quella prevista dai contratti collettivi di lavoro.
In particolare, la Corte ha affermato che l’articolo 36 della Costituzione, che sancisce il diritto del lavoratore a una retribuzione “sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”, impone ai giudici di intervenire quando lo stipendio stabilito dal contratto collettivo non è sufficiente a garantire un tenore di vita dignitoso.
In questo caso, i giudici possono disapplicare il contratto collettivo e fissare un salario minimo “proporzionato” al costo della vita e alle esigenze del lavoratore e della sua famiglia.
Queste sentenze rappresentano un rafforzamento della tutela dei diritti dei lavoratori in Italia. In un contesto di crescente precarietà e bassi salari, la possibilità per i giudici di intervenire per assicurare un salario minimo dignitoso è una garanzia importante per tutti i lavoratori.
La giurisprudenza precedente
Prima di queste sentenze, la giurisprudenza italiana era divisa sull’applicabilità dell’articolo 36 della Costituzione al caso dei lavoratori con contratto collettivo.
Secondo un orientamento, l’articolo 36 non può essere invocato per contestare le retribuzioni stabilite dai contratti collettivi, in quanto questi accordi sono il frutto di un libero confronto tra le parti sociali.
Secondo un altro orientamento, invece, l’articolo 36 impone ai giudici di verificare che la retribuzione prevista dal contratto collettivo sia effettivamente sufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa.
Le sentenze della Cassazione hanno definitivamente risolto questo contrasto, affermando che l’articolo 36 impone ai giudici di intervenire quando lo stipendio stabilito dal contratto collettivo non è sufficiente a garantire un tenore di vita dignitoso.
Le conseguenze delle sentenze
Le sentenze della Cassazione aprono la strada a una serie di conseguenze importanti per i lavoratori.
In primo luogo, queste sentenze rendono più rischioso per le aziende pagare i lavoratori con salari al di sotto della soglia di povertà.
In secondo luogo, queste sentenze potrebbero spingere le parti sociali a raggiungere quanto prima un accordo sul tema del salario minimo e sui salari previsti dai contratti collettivi.
In terzo luogo, queste sentenze potrebbero ridurre i licenziamenti, in quanto un lavoratore con un salario minimo “dignoso” sarebbe più difficile da sostituire.
Le critiche
Le sentenze della Cassazione sono state criticate da alcuni esponenti del mondo imprenditoriale, che le hanno accusate di essere un ostacolo alla competitività delle imprese italiane.
Tuttavia, queste critiche sono state respinte da molti esponenti del mondo sindacale, che hanno salutato le sentenze come una importante conquista per i diritti dei lavoratori.
La Redazione
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