Nel Pnrr il tema dell’abitare non viene chiaramente indicato

Firenze – La presentazione del Quaderno PNRR n1 della Caritas Italiana tenutasi il 31 marzo scorso, con al centro il tema dell’abitare, è stata l’occasione di una disanima minuziosa delle modalità e delle opportunità che il piano nazionale di ripresa e resilienza offre circa il disagio abitativo sempre crescente nel nostro Paese.

Il Quaderno, il primo di una serie di documenti volti a indagare le risorse del Pnrr, titola “Casa e abitare nel PNRR” e ha come obiettivo  l’analisi dei segmenti del PNRR sul tema della casa e dell’abitare. Una funzione complessa quella dell’abitare, che chiama in causa l’organizzazione della città, i suoi servizi essenziali e la residenzialità vera e propria, composta a sua volta da qualità e adeguatezza dell’edilizia residenziale e da fattori quali tariffe, canoni, accessibilità e altri aspetti che decidono della qualità dell’esistenza di ciascuno.

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La presentazione, in streaming sul sito della Caritas, ha visto la presentazione dei Quaderni Caritas  da parte di Francesco Marsico, responsabile del Centro Documentazione di Caritas Italiana, il saluto di don Andrea La Regina della Caritas italiana, e le relazioni di due specialisti del tema, che hanno contribuito alla stesura del Quaderno, Costanza Pera, architetto, esperta di politiche abitative e Gianluigi Chiaro, economista, esperto di politiche abitative, già noto ai lettori di Stamp. Tanti gli autori che hanno collaborato alla stesura del Quaderno, dal direttore della Caritas don Marco Pagniello, a Ginaluigi Chiaro e Costanza Pera, a Enrico PucciniSarah Gainsforth, Marco Peverini, Gianluigi Bovini, Alice Lomonaco, Dora Casalino, Maurizio BergamaschiNoemi Gallo, Ilda Curti, Marcello Capucci, Ludovica Ioppolo,  Toni Mira, Federico Anghelè.

La prima significativa difficoltà di cui dà conto l’economista Chiaro è quella di mettere insieme il tema dell’abitare all’interno delle varie parti di cui si compone il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza.

“Il Pnrr – dice Chiaro – è composto di varie mission, investimenti, riforme, con target molto elevati rispetto ai fabbisogni territoriali, ma anche molto segmentati, soprattutto sul tema della casa. Il tema abitativo non è mai esplicito e non è riferito a una sola mission, ma è necessario “spacchettare” la mission 2, la 4 e la 5″.

Dunque, il tema “Casa” non trova un titolo, come Casa e Abitare, ma si ritrova ripartita nella M2 Evoluzione verde e Transizione Ecologica, nella M4 Istruzione e Ricerca e nella M5, Inclusione e Coesione. Dalle tabelle elaborate da Chiaro e da Costanza Pera, che danno un insieme di sintesi alla questione, emerge intanto che gli investimenti previsti dal Pnrr sul tema abitare non sono solo frammentati nelle missioni ma sono affidati a un’eterogenea varietà di soggetti abilitati  a proporre che chiameremo “i proponenti”, dal ministero del lavoro, a quello dell’istruzione, alla presidenza del consiglio dei ministri. Manca, come sottolinea l’architetto Pera, una regia unica della questione della casa e dell’abitare, che si occupi dell’importante tema degli investimenti. “In termini di attesa di nuovi alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica – dice – che sarebbe il tema che ci dovrebbe interessare, dal momento che in Italia il patrimonio di alloggi pubblici è del tutto insufficiente, al disotto di qualsiasi media europea, abbiamo riscontrato che l’unico obiettivo di costruzione di nuovi edifici Erp dichiarato, sono 5mila alloggi, ovvero una cifra evidentemente irrisoria, pensando che si tratta di 5mila alloggi divisi per le cento province italiane”.

Ciò che manca, con ogni evidenza, è dunque una “visione d’insieme, mancano obiettivi d’insieme, ci sono obiettivi settoriali, con dei proponenti per ogni obiettivo, con il risultato che per esempio su ecobonus e sismabonus abbiamo, nella figura di proponenti privati, terzo settore e aziende casa; tuttavia, non siamo riusciti a individuare sui quasi 14 miliardi finalizzati a eco bonus e sisma bonus la quota dedicata all’Erp. In questo segmento non è previsto alcun coinvolgimento specifico del Terzo settore, pur trovandoci di fronte a un obiettivo così importante economicamente. E’ evidente che la rigenerazione anche degli alloggi di Edilizia residenziale pubblica richiederebbe un contatto diretto con gli abitanti in modo da favorire la disponibilità e l’accompagnamento delle persone”. Il coinvolgimento del terzo settore, come appare dalla tabella approntata da Chiaro e Pera al’interno del libro, è previsto soprattutto per gli anziani e le persone vulnerabili, per le persone con disabilità e per l’housing temporaneo per i senza fissa dimora. “Negli altri obiettivi che, ripeto, riguardano una quantità di risorse pubbliche davvero ingente, la possibilità che la società civile cooperi e collabori all’ottenimento di risultati di utilità sociale è del tutto lasciata ai Comuni, che si trovano in grande difficoltà poiché su di loro, come si vede dalla colonna dei proponenti, grava in pratica per ogni programma l’iniziativa in termini operativi. Quindi, sarebbe anche importante che, in qualche forma ordinata, il terzo settore trovasse il modo di attivare una collaborazione reale con i Comuni proprio per aiutare gli stessi ala gestione di questi programmi e progetti che rappresentano un macigno sulle strutture amministrative, sia nella fase di appalto che in quella di realizzazione, rendicontazione e verifica dei risultati”.

l problema è riuscire a comprendere che la qualità dell’abitare e la qualità urbana non è fatta di un singolo progetto, ma è costituita, come sottolinea Pera, dalla capacità di mettere insieme degli “obiettivi comuni a più soggetti”, obiettivi sia di tipo economico che civile e sociale. “L’impegno della Caritas, sotto questo profilo è veramente importante”.

Per quanto riguarda il profilo dei milestone e target e dunque il riepilogo riguardante il tema dell’abitare all’interno del Pnrr, Gianluigi Chiaro ribadisce l’importanza fondamentale dei soggetti proponenti, ovvero degli autorizzati a presentare progetti. “La diffusione, la granularità degli enti e anche il raccordo difficile da fare tra Comuni, Regioni, Città Metropolitane e quindi i vari target successivi, ha fatto emergere fra gli addetti ai lavori che ci hanno aiutato a costruire questo Quaderno, delle questioni critiche. Le politiche abitative tendenzialmente appartengono a normative statali ma anche regionali. Il fatto di aver dedicato numerosi investimenti direttamente ai Comuni, pur essendo una nota positiva e non negativa, non toglie che il rapporto finale, il monitoraggio e la successiva comprensione degli effetti ex ante ed ex post, saranno comunque di nuovo in capo alle regioni, soprattutto per quanto riguarda le politiche più rilevanti, quella dell’Edilizia residenziale pubblica e dellEdilizia residenziale sociale. Peso magari meno forte sulle politiche di rigenerazione urbana, anche se molto importanti dal momento che, come si diceva, la qualità dell’abitare è a 360°”.

Il punto più importante è quello delle riforme, e in particolare la riforma più importante, dice Chiaro, è quella della riforma degli alloggi per studenti.

“Da qui alla fine del 2022 – continua l’ecnomista – ci sarà da costruire una riforma in cui tutti dovranno esprimere parere, dall’Università ma soprattutto, a mio parere, alle rappresentanze di studenti. L’obiettivo è quello di migliorare la qualità dell’abitare degli studenti, aumentando sì i posti letto, ma posti letto che devono poi essere sostenibili sotto il profilo dei canoni a livello territoriale”. Si parla di città che, per flussi turistici o di lavoro, a livello di affitti sono già molto sature, soprattutto con l’ultima onda, rallentata un po’ dalla pandemia, degli affitti turistici. “Tutta questa complessità urbana di trovare un alloggio a canoni sostenibili per lavoratori, famiglie, studenti e poi comunque anche per turisti che sono parte dell’economia, potrebbe trovare un equilibrio da questa riforma e anche dai nuovi posti letto”.

Un dato comunque è importante da sottolineare, come ribadisce Costanza Pera: in Italia siamo agli ultimi posti in Europa come posti letto disponibili pubblici, ovvero di proprietà dell’Università, per gli studenti. “Abbiamo una percentuale di giovani che vivono in famiglia fino all’età di 35 anni di dieci punti superiore alla media europea. Il 68% degli studenti universitari abita con i genitori, col risultato che, essendoci una scarsissima mobilità territoriale, la possibilità di crearsi una propria vita viene ritardata a data non nota. Come scriviamo nel Quaderno, solo il 5% degli studenti può usufruire di una residenza universitaria, mentre la media europea è del 17%. La prima esigenza dunque è elevare il numero di posti letto disponibili a canone accessibile. Questa dovrebbe essere la priorità, mentre la nostra preoccupazione è che ci sia chi voglia utilizzare questi 950 milioni di euro, per avviare o poteziare un business. Non può essere il business l’obiettivo delle residenze universitarie. Il rischio esiste, perché le regole che abbiamo in campo oggi non garantiscono la realizzazione di alloggi a canone sostenibile”. Con buona pace degli studentati di lusso, in partiolare presenti nelle città d’arte ad alto flusso turistico.

Riportando il focus sull’edilizia residenziale pubblica, “abbiamo un patrimonio abitativo abbastanza obsoleto anche dal punto di vista energetico – continua Chiaro – che ha ricadute anche sui redditi che sono piuttosto bassi all’interno della platea degli assegnatari. E’ già stato anticipato che non si riesce a ricomporre l’ecobonus, che si ritrvoa scomposto fra alloggi privati e Erp gestiti a livello territoriale dalle aziende casa. L’altro tassello riguarda il fondo complementare per l’Erp, quindi dare alle Regioni e dunque non più alle aziende casa, la possibilità di rigenerare o riqualificare secondo gli obiettivi scritti nel Pnrr, le superfici di immobili di edilizia residenziale pubblica. Questo importante nvestimento, si sta parlando di miliardi, è comunque una goccia nel mare rispetto alle esigenze e ai fabbisogni; fabbisogni che tra l’altro non sono definiti in maniera omogenea e precisa: si sta tentando di riattivare da anni l’Osservatorio sul sistema abitativo interno al Ministero delle infrastrutture, ma ci si scontra con grandi complessità che fanno fare un passo avanti e due indietro. Tuttavia, il grande fabbisogno di edilizia residenziale pubblica in Italia c’è e continua a crescere, la pandemia ha contribuito ad accrescerlo ulteriormente. Quindi, la riqualificazione dell’esistente ma anche la realizzazione di nuovo Erp nei limiti del consumo zero di suolo, sono i due grandi driver dell’edilizia residenziale pubblica. Gli investimenti prospettati non sono sufficienti per arrivare a dare una risposta”. Anche per quanto riguarda l’edilizia residenziale pubblica e sociale, l’Italia si ritrova ad essere il fanalino di coda a livello europeo.

Per quanto riguarda le linee del Pnrr rispetto alle persone anziane e vulnerabili, è nei numeri dell’invecchiamento inesorabile della popolazione italiana che procede col calo demografico, che si legge il disagio: le persone anziane che vivono sole sono il 15% dei nuclei famigliari italiani. Si tratta di un numero destinato ad aumentare. “L’organizzazione degli alloggi per anziani, quindi in comunità, di co-housing e di formule innovative dell’abitare che hanno visto emergere qualche esperienza soprattuto nel nord Italia, e nello stesso tempo la realizzazione di servizi domiciliari per aiutare l’istituzionalizzazione di cure altrimenti da realizzarsi presso presidi sanitari, sono argomenti di impportanza vitale. Peccato – dice Pera – che su queste tematiche abbiamo una destinazione di fondi di soli 500milioni di euro, che, spalmati su tutta l’Italia, sono una cifra limitata”. In questo caso però c’è la possibilità di attivare una coprogettazione con terzo settore, i soggetti attuatori sono i comuni e il terzo settore.

Lo stesso vale per le persone con disabilità, stesso importo di 500 milioni di euro per utto il territorio nazionale, mentre gli obiettivi fissati dal Pnrr per le deu categorie sono di almeno 500 progetti per la ristrutturazione degli spazi abitativi, o fornitura di dispositivi tecnologicamente avanzati, per 5mila persone che dovrebbero essere interessate dall’operazione.

Passando all’housing temporaneo e stazioni di posta, “è noto – dice Pera – che il censimento ufficiale più recente (2014) ha dato in 50mila il numero dei senza fissa dimora in Italia”. Dati con ogni probabilità che non riescono a fotografare il vero volto di questa emergenza, nonostante i comuni si siano, almeno in parte, attrezzati per risolvere in qualche modo il problema. Il Pnrr ha preso come modello l’Housing First, ovvero che ai senza fissa dimora debba essere offerta prima di tutto la possibilità di un alloggio, come spiega Pera, in cui “una persona senza fissa dimora possa ricostruire la porpria personalità e la propria soggettività”. “Sotto questo profilo, il Piano nazionale di ripresa e resilienza fa uno sforzo abbastanza importante in quanto fissa l’obiettivo di consegnare un alloggio o stanza a 25mla persone, obiettivo che dovrà essere realizzato con il sostegno degli enti del terzo settore”.

Il capitolo della qualità dell’abitare, rigenerazione urbana, piani urbani integrati, vede la messa a disposizione di 9 miliardi di euro. “Il problema di questi progetti – dice Pera – che sono gestiti, i Pinqua dal ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la rigenerazione urbana e i piani urbani integrati dal ministero degli interni, è che manca un obiettivo da applicare localmente, ovvero non è stato chiesto ai comuni di darsi un obiettivo di qualità urbana e sociale, progettando gli interventi necessari per raggiungerlo. Il motivo? Non abbiamo una legislazione aggiornata: la legge urbanistica è del 1942, le norme sull’abitare sono degli anni ’70, ’80, le ultime del 1990, di legislazione più recente non c’è assolutamente nulla. C’è stata una grande stagione in Italia di ambizioni per la città e per la casa e poi con il trasferimento delle competenze alle regioni, si è sbriciolata in mille rivoli e quindi manca una spinta che venga dal governo nazionale, per darsi degli obiettivi di rigenerazione urbana chiari, individuati in modo qualitativo e quantitativo”.

Infine, i due temi che riguardano i beni confiscati alle mafie e gli alloggi per i lavoratori agricoli, temi importantissimi che tuttavia vedono  risorse finanziarie tutto sommato modeste, 200 milioni per i beni confiscati e 272 milioni per gli alloggi per i lavoratori agricoli. I beni confiscati alle mafie in Italia sono circa 34mila beni immobili, di cui 17mila già assegnati e 17mila da assegnare da parte dell’Agenzia. I bandi per la proposta di progetti per il riuso di beni che riveston un grande valore sociale e civile si è concluso un mese fa.

Per il capitolo alloggi per i lavoratori agricoli, tema particolarmente analizzato dalla Caritas, Toni Mira che si è occupato in particolare del settore, parla di 200mila vulnerabili in agricoltura in mano ai caporali e di più di 400mla lavoratori agricoli irregolari. Il vero punto critico di questo settore, come emerge dall’analisi di Toni Mira, è che qualsiasi iniziativa in questo campo è stata sempre boicottata dagli ambienti criminali, che hanno la gestione degli interessi e delle persone. “E’ richiesto uno sforzo eccezionale – dice Pera – perché almeno questi fondi servano a ribaltare la situazione”.

Il Pnrr, a quanto si capisce, guarda prevalentemente la costruzione, la riqualificazione di spazi, quasi che, come dice Chiaro, “la risposta alle politiche abitative sia solo questione di immobili e non anche di persone”. Fatti questi immobili e riqualificati gli spazi, bisognerà anche pensare alla gestione, non solo da parte dei Comuni, che spesso non hanno il know how e il personale, e che dovranno rimandare al terzo settore. “Il problema si ripropone aper quanto riguarda la qualità dell’abitare ovvero il Pinqua, la rigenerazione e i piani urbani integrati. Ciò comporta anche un certo timore da parte dei comuni che hanno ricevuto i fondi del Pinqua. In alcuni territori si assite a una sovrapposizione fra Pinqua, rigenerazione urbana e pianti integrati, mancando un assetto generale non solo di gestione del Pnrr ma anche a livello ordinario trovandoci di fronte a un assetto normativo invecchiato, si sommeranno investiment e rforme che poi non sarà facile ricomporre nell’immediato sul territorio”.

“Teniamo conto che i tempi sono veramente strettissimi – sottolinea l’economista – al 2026 bisognerebbe chiudere i collaudi dei vari investimenti.  Meglio, bisognerà, pr ottenere a ritroso le varie tranches di investimenti, di cui lacuni a fondo perduto ma altri a debito. alcuni comuni si obbligano, cn la firma al ministero , a protare avanti quel determinato progetto. Nel caso in cui non riescano a portarlo a termine, si potrebbero creare situazioni abbastanza atipiche e complesse”.

“Questa velocità – conclude Chiaro – non si sposa con una pianificazione territoriale che, se è stata fatta bene, intercetta questi fondi con già una logica, in caso contrario ci sarà il problema di come integrare tutte queste iniziative in una pianificazione molto più allargata”.

Infine, ecco una lista delle priorità individuate dagli studiosi che hanno realizzato il Quaderno della Caritas:

  • riconoscere la centralità dei problemi abitativi per i meno abbienti e potenziare l’offerta di abitazioni a basso costo come nuova priorità del Pnrr
  • riformare le regole e i controlli per evitare gli abusi e riequilibrare gli incentivi nel settore edilizio nella direzione degli alloggi per i meno abbienti
  • avviare al più presto l’Osservatorio nazionale sulla condizione abitativa presso il ministero d’intesa con le regioni per articolare i fabbisogni a livello locale
  • aggiornare le regole dell’utilizzo di fondi pubblici da parte di investitori privati nel settore abitativo. Per gli studentati la riforma dovrebbe dare priorità alle iniziative per gli studenti non abbienti e stabilire adeguate forme di trasparenza e controllo, evitando che i fondi Pnrr alimentino rendite e posizioni parassitarie.

Gianluigi Chiaro è founder di AreaPROXIMA e partner di AgentiImmobiliari.org 

 di Stefania Valbonesi da www.stamptoscana.it

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